Premetto che Dickens è uno dei miei autori preferiti (in effetti l’Inghilterra dei secoli XVIII e XIX offre una vasta gamma di autori a cui sono particolarmente affezionata), ed è difficile scegliere quale romanzo mi sia piaciuto maggiormente; la scelta si basa quindi esclusivamente sul fatto che è stato l’ultimo in ordine di tempo che ho (ri)letto – non posso comunque non citare David Copperfield, forse (come dicevo, è difficile scegliere) il mio preferito in assoluto.
Ho pensato a Dickens perché qualche tempo fa ho trovato tra gli stands del BookPride di Milano un libro che ancora non ho letto e che mi ha attirato subito, poiché mette insieme due dei miei topics preferiti: Dickens, appunto, e la letteratura di viaggio, in particolare quella dell’Ottocento. Il libro in questione si chiama “Impressioni italiane”, ed è il resoconto, epistolare, della sua permanenza in Italia. Rimanderò commenti ed impressioni a quando avrò finito la lettura, ma non posso che essere ottimista al riguardo.
Posso invece tratteggiare, brevemente, una descrizione del bellissimo romanzo “Grandi speranze”, scritto nel 1860-61. Come altri dell’autore inglese, si tratta di un romanzo di formazione, in cui il lettore segue la vita e le avventure (e disavventure) del protagonista Pip, dalla poverissima casa nella campagna dove avviene l’incontro con il detenuto Magwitch, fino all’arrivo a Londra, all’incontro con la strana Miss Havisham e la giovane Estella, alla successiva inaspettata eredità che gli aprirà molte possibilità e regalerà «grandi speranze», alla scoperta che, di nuovo, cambierà la sua vita e gli farà prendere una direzione inaspettata.
Alla fine del racconto la bontà d’animo e l’onestà prevarranno e vinceranno su tutto, ma il motivo per cui ho apprezzato così tanto questo romanzo è la magnifica descrizione della società inglese della rivoluzione industriale, descrizione di cui Dickens è maestro assoluto. La sua capacità di raccontare la città dov’è vissuto (divagazione: se capitate a Londra dedicate un’oretta alla visita di una delle case dello scrittore, ne vale davvero la pena), di dipingere la realtà in modo così chiaro che quasi sembra di vederla dipinta su una tela, è straordinaria.
Il mondo raccontato da Dickens non è quello dei romanzi austeniani, fatto di sfarzose dimore, cottages di campagna e balli cittadini, ma è quello della realtà industriale e delle sue incongruenze, dei contrasti.
E’ un libro da leggere andando oltre la storia narrata, per gettare uno sguardo sulla storia reale. Affascinante.
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